I dati derivano dall’analisi “Città e demografia d’impresa: come è cambiato il volto delle città, dai centri storici alle periferie, negli ultimi dieci anni”, realizzata da Confcommercio e il Centro Studi Guglielmo Tagliacarne
Tra il 2012 e il 2023, sono spariti dalle città italiane circa 111 mila negozi al dettaglio e 24mila attività di commercio ambulante. Ciò contribuisce alla desertificazione dei centri urbani e alla riduzione del calo dei servizi ai cittadini. Le attività di alloggio e ristorazione sono invece in crescita. A sostenerlo è il report di Confcommercio. Sono sempre meno le attività tradizionali e di più quelle dei servizi, soprattutto nei centri storici, mentre aumentano le attività gestite da stranieri. Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, ha spiegato: “Prosegue la desertificazione commerciale delle nostre città, un fenomeno che riguarda soprattutto i centri storici dove la riduzione dei livelli di servizio è acuita anche dalla perdita di commercio ambulante. Il commercio rimane comunque vitale e reattivo e soprattutto mantiene il suo valore sociale. Rimane, in ogni caso, prioritario contrastare la desertificazione commerciale con progetti di riqualificazione urbana per mantenere servizi, vivibilità, sicurezza e attrattività delle nostre città“.
I dati derivano dall’analisi “Città e demografia d’impresa: come è cambiato il volto delle città, dai centri storici alle periferie, negli ultimi dieci anni”, realizzata dall’Ufficio Studi di Confcommercio in collaborazione con il Centro Studi Guglielmo Tagliacarne. “In questa direzione vanno il progetto Cities di Confcommercio e la rinnovata collaborazione con l’Anci a conferma del nostro impegno per favorire uno sviluppo urbano sostenibile e valorizzare il ruolo sociale ed economico delle attività di prossimità nelle citta“, ha aggiunto Sangalli. Il bilancio è preoccupante, ma “non va tutto male“, afferma il direttore dell’Ufficio Studi Confcommercio, Mariano Bella. “I numeri sono importanti, come stiamo per vedere, cala il numero di negozi, ma il commercio resta vitale e reattivo. Potevamo essere sterminati con tutto ciò che è successo dal 2012 ad oggi“.
“Negli ultimi dieci anni sono scomparse dai 120 Comuni oggetto di analisi, oltre 30mila unità locali di commercio al dettaglio e ambulanti (-17%), tanto che la densità commerciale è passata da 12,9 a 10,9 negozi per mille abitanti, pari a un calo del 15,3%. Un fenomeno che non dipende se non in minima parte dal calo della popolazione, scesa solo del 2%”, si legge nel sito di Confcommercio.
Il trend si conferma e si accentua, con l’aumento delle attività:
Analizzando 120 città medio-grandi, si nota che la riduzione di attività commerciali è più accentuata nei centri storici rispetto alle periferie, soprattutto nel Centro-Nord e nel Mezzogiorno, che fino allo scorso anno era la zona con maggiore concentrazione di attività commerciali. “La sfida si acuisce per i nostri negozi – ha spiegato il direttore dell’Ufficio Studi – è ora di prendere sul serio il tema del valore sociale del commercio”. La riduzione dei servizi nei centri storici rende sempre più preoccupante il fenomeno della desertificazione commerciale delle nostre città: nei comuni al centro dell’analisi, negli ultimi 10 anni, “sono sparite oltre 30mila unità locali di commercio al dettaglio e ambulanti (-17%) e la densità commerciale è passata da 12,9 negozi per mille abitanti a 10,9 (-15,3%)“, si legge nello studio.
Le attività che sono scomparse, soprattutto dai centri storici, sono:
La crescita dell’e-commerce è il motivo principale della riduzione del numero di negozi fisici. L’utilizzo del canale online cresce e le vendite sono passate da 17,9 miliardi nel 2019 a 35 miliardi nel 2023 (+95,5% i beni e +42,2% i servizi). L’acquisto online vale il 17% nel settore dell’abbigliamento e il 12% del beauty.
“Per evitare gli effetti più gravi di questo fenomeno il commercio di prossimità non può che continuare a puntare su efficienza e produttività, anche attraverso una maggiore innovazione e una ridefinizione dell’offerta“, si legge nel sito di Confcommercio. L’analisi si è basata sui dati “dei 120 comuni medio-grandi italiani (regione per regione), di cui 110 capoluoghi di provincia e 10 comuni non capoluoghi di media dimensione (escluse le città di Milano, Napoli e Roma perché multicentriche, dove non è possibile, cioè, la distinzione tra centro storico e non centro storico)“, continua la nota.
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