Attenzione a gettare con troppa nonchalance gli scontrini: i codici possono permettere ai truffatori di fare molto male alle nostre tasche.
Confessiamolo: non appena il negoziante ci consegna lo scontrino dopo un acquisto la tendenza è quella di sbarazzarsene subito nel primo cestino della spazzatura incontrato lungo il tragitto, a volte senza nemmeno preoccuparsi di distruggerlo. Senza però renderci conto che quel piccolo foglietto di carta termica potrebbe contenere informazioni su di noi che è meglio non far cadere nelle mani di sconosciuti.
Il punto naturalmente non è l’obbligo di esibire lo scontrino nel corso di eventuali controlli antievasione fiscale da parte della Guardia di Finanza. È da oltre vent’anni (decreto legge n. 69/2003) che i clienti senza scontrino non rischiano più alcune sanzione, a differenza degli esercenti. No, i rischi sul piano pecuniario potrebbero essere ben altri.
Anche quando “ripuliamo” portafogli e borse da scontrini e ricevute che col tempo si sono accumulati dovremmo fare attenzione a distruggerli. Abbandonarli integri al loro destino, infatti, rischia di mettere gli estranei nelle condizioni di sapere molto su di noi. Troppo.
Su scontrini e ricevute potrebbero essere presenti dei codici che permettono agevolmente di risalire a dati come la nostra banca, il tipo di carta in nostro possesso e anche una parte dei numeri della stessa carta. Ma non solo.
Pensiamo allo scontrino parlante rilasciato delle farmacie: al suo interno potrebbe essere riportato il nostro codice fiscale. Dal quale facilmente si possono ricavare dati come nome, cognome, luogo e data di nascita grazie a dei software online. Il codice fiscale è un dato identificativo, spesso usato per recuperare password e utenze nei siti di e-commerce o di gestione delle carte di credito.
Anche la ricevuta della ricarica telefonica contiene un nostro dato. Che, neanche a dirlo, è il nostro numero di cellulare. Stesso discorso per le ricevute del supermercato, dove se paghiamo con carta di credito o con bancomat appariranno altri dati finanziari (oltre a quelli della carta fedeltà, se ne possediamo una). Insomma, il succo della faccenda è che scontrini e ricevute possono fornire un goloso assist a tanti truffatori dando loro i dati sufficienti per mettere in piedi la truffa oggi nota come vishing.
Con i dati ricavati dallo scontrino un truffatore potrebbe contattarci sul telefono facendosi passare per un addetto della società che ha emesso la nostra carta di credito. Potrebbe raccontarci che la carta è stata bloccata a causa di alcune attività animale ma che prima di fornirci i dettagli ha bisogno di verificare la nostra identità.
A quel punto comincerebbe a chiederci di confermare tutta una serie di dati in suo possesso come nome, cognome, luogo e data di nascita, codice fiscale. Ma anche le prime sei e le ultime quattro cifre della carta di credito, oltre alla data di scadenza. Tutti dati estraibili dagli scontrini. In caso di dubbi potrebbe aggiungere dettagli sui nostri acquisti (sempre sulla base degli scontrini).
Arrivati a questo punto potrebbe non essere facile accorgersi che siamo in presenza di un tentativo di truffa. A noi il truffatore chiederebbe poi di completare il numero della carta e di indicargli il codice di controllo sul retro. Ecco che il criminale avrebbe recuperato i dati utili per tentare di clonarci la carta di credito o il bancomat. Nel dubbio meglio dunque distruggere quei piccoli foglietti che però dicono diverse cose di noi.
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