Vediamo tutto quello che c’è da sapere a proposito di una grande poetessa italiana ancora troppo sconosciuta: Raffaella Spera
L’Italia è un Paese che ha fatto da casa a tantissimi artisti, ma soprattutto a molti poeti che, con le loro incredibili parole, hanno saputo ammaliare e far innamorare tantissimi lettori descrivendo i loro pensieri, le loro sensazioni e anche le terre della nostra Italia, protagonista di tantissime poesie di ogni secolo e ogni epoca. Tra gli artisti degni di nota, che hanno saputo trasmettere alla perfezione le loro emozioni, regalandocene un estratto e diventando, proprio per questo motivo, immortali nel mondo della scrittura, c’è sicuramente Raffaella Spera, una poetessa ancora troppo sconosciuta e, in alcuni casi, ci permettiamo di dire sottovalutata. Proprio per questo motivo, in questo articolo, vogliamo parlare di questa donna che, con i suoi scritti, è riuscita ad appassionare tantissimi lettori. Ecco tutto quello che c’è da raccontare.
Raffaella Spera, nata il 27 novembre 1931 a Potenza e scomparsa a Roma il 5 gennaio 2017, è stata una poetessa, scrittrice, editrice e promotrice culturale. Dopo aver conseguito la laurea in Storia e Filosofia a Napoli, ha deciso di viaggiare, visitando inizialmente il Medio Oriente e successivamente l’Africa, dove ha insegnato Lettere nelle scuole italiane all’estero per diversi anni, prima di stabilirsi definitivamente a Roma. Durante il suo soggiorno nella capitale, ha co-diretto la galleria Artanciel a via Margutta e la casa editrice Rossi&Spera. In collaborazione con Mario Lunetta e Dario Puccini, ha curato una serie di pubblicazioni di poesia italiana per la casa editrice Carte Segrete, oltre a organizzare incontri tra scrittori e artisti per molti anni. Ha inoltre collaborato con RAI-TV, scrivendo testi per la radio, e ha collaborato con numerose riviste. Nel 1996 ha generosamente donato alcune delle sue opere alla Biblioteca “Isabella Morra”, fondata da Ester Scardaccione, all’epoca presidente della CRPO della Basilicata.
Quando si parla di Raffaella Spera i pensieri non sono tutti univoci, ma sono sicuramente tutti bellissimi e pieni di affetto, soprattutto per quanto riguarda quelli espressi dai suoi concittadini, i quali l’hanno sempre vista e ricordata (dopo la sua morte) come una grandissima donna. Ad esempio, alcune persone la descrivevano come la fanciulla più affascinante di Potenza, mentre altri si soffermavano sull’elogiare la sua audacia nell’esplorare nuove forme poetiche e il suo fervente interesse per la pittura e la scrittura, ma sempre con un’attenzione nostalgica verso un passato distante e in parte frammentario. È come se la sua presenza svanisse a tratti, solo per riapparire occasionalmente, alimentando il desiderio di avvolgerla di nuovo nella sua poesia.
Nel volume “Nuove Edizioni” pubblicato da Vallecchi nel 1975, Elio Pecora osservava: “Raffaella Spera si è avventurata verso le città dell’Africa e dell’Asia. È immersa in un tempo differente… Tra i torridi e improvvisi mattini dell’Arabia, di fronte alle montagne viola di Nayria, non sentiva l’odore del basilico lucano, non udiva il canto delle cicale. Tuttavia, laggiù, in quei luoghi remoti, affioravano antichi e dolorosi ricordi, sussulti adolescenziali, e il presente si dissolveva in un passato di solitudini fitte, mentre il suo orecchio ancora catturava i passi notturni delle attese infantili“.
Il mondo meridionale sembra essere strettamente connesso alla sua esperienza giovanile di fuga, risultando così in un ricordo dai toni mitizzanti, che si riflette stilisticamente in suggestioni scotellariane, filtrate attraverso un personale desiderio di allontanarsi dalla terra d’origine, tema centrale nella poesia “Uno si distrae al bivio” di Rocco Scotellaro, pubblicata dalla Basilicata Editrice nel 1974 con una prefazione di Carlo Levi. Di questa struggente esperienza parla Spera nella sua lirica “Nostalgia” inclusa in “Segni minimi”.
Già nella pubblicazione del 1977 intitolata “Differenziato“, si manifesta una netta ribellione contro l’elegia e il sentimentalismo, a favore di una visione drammatica del presente che non ammette tentativi di ricomposizione o mitigazione, né tantomeno indulgenze, come esplicitato nella poesia “La poesia del Sud” inclusa in “Differenziato”.
Riflettendo su questi versi e altri di Spera, chiaramente caratterizzati da sperimentazione, sono illuminanti le osservazioni di R. M. Fusco: “Ci troveremmo nel campo dell’esperimento fine a sé stesso, del puro gioco verbale, se non fosse per quei frammenti di vita, di cronaca, che nonostante tutto persistono, residui preziosi per comprendere il tutto“. Questi frammenti di vita emergenti dai resti di viaggi in terre andine o arabe mantengono connessioni tematico-linguistiche fragili ma significative con il passato biografico e poetico lucano di Spera, come nel caso dell’interrogarsi su “Il doppio misto”.
In questi versi è evidente il richiamo al contesto biografico già presente nella poesia Nostalgia, menzionata in precedenza. Ciò che lega i testi di Spera è l’abbondanza di segni olfattivi e visivi disseminati nel tentativo di ricomporre, nonostante la dispersione dell’identità ai confini della dissolvenza, una geografia esistenziale, resistente a ogni sfida. Questa geografia è costituita da un oggi, in un rapporto ambivalente con la memoria del passato, e da un qui, in un rapporto altrettanto ambivalente con la terra d’origine (o forse con il grembo materno), per ricreare la linea: balcone di casa, fossato, muro – Arequipa, Viracocha, Gerico – ventre disboscato, e conquistare una nuova serenità, ottenuta attraverso il distacco e la transculturazione, come documentato nella raccolta “L’acquario” (Forlì 1984). Ettore Catalano riconosce in questo processo un’evoluzione verso una dimensione di fluidità materiale. A livello esistenziale, questo corrisponde al raggiungimento di una meta cercata, e quindi a uno sguardo più pacato sul mondo personale e storico, reso possibile ora dalla liberazione dai legami del passato, anche se con un fondo di amarezza, tipico di chi ha affrontato la vita e la storia con saggezza, seppur di radice antica.
Oltre alle opere menzionate come “Segni minimi” (Nuove Edizioni Vallecchi 1975, prefazione di Elio Pecora), “Differenziato” (Edizioni Lacaita, Manduria 1977, prefazione di Mario Lunetta), “Il doppio misto” (Edizione Nuove Scritture, Milano 1983, prefazione di Cesare Milanese), e “L’acquario” (Edizione Quaderni di Nuovo Ruolo, prefazione di Mario Lunetta e postfazione di Stefano Lanuzza, Forlì 1984), Raffaella Spera ha pubblicato diverse altre opere tra cui “Zentrum” (Edizioni Carte Segrete 1979, con incisioni all’acquaforte di Titina Maselli), “Free lance” (Edizioni Carte Segrete 1986, con disegni di Giacomo Porzano), “Il vantaggio del tratto” (Edizioni Carte Segrete 1982, prefazione di Francesco Muzzioli), il romanzo “Deserti” (Manni Editore 2008, prefazione di Mario Lunetta), “La vita che rimane” (Casarsa editore 2014, prefazione di Mario Lunetta e disegni di Michele Spera), “XXX. Poesia agli infrarossi” (Casarsa editore 2016, prefazione di Mario Lunetta e disegni di Michele Spera), e “Emigranti di poppa, emigranti di prua” (con Michele Spera), con un saggio di Domenico De Masi (Gangemi Editore, 2016).
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