21 marzo, ecco la giornata internazionale delle foreste: I dati parlano chiaro, la situazione è critica per il polmone della Terra.
Allarmismo o realtà? Siamo arrivati ad un punto molto pericoloso del nostro percorso naturale. La crescita demografica, il consumo eccessivo e le coltivazioni che si allargano, minacciano uno degli ecosistemi più belli e soprattutto più importanti che abbiamo nel nostro pianeta: la foresta. Questa svolge un ruolo fondamentale per l’ambiente. Un ruolo da re, da imperatore di un pianeta che senza di esso verrebbe giù come un castello di sabbia. In questa giornata oltre a sensibilizzare, si cerca di tirare le somme di cosa è successo negli ultimi 30 anni.
Non è un caso che la giornata internazionale delle foreste cada il 21 marzo, equinozio di primavera data nella quale si riconosce l’equinozio di primavera, il momento in cui luce e buio si equilibrano. Per quest’anno l’equinozio non è caduto il 21 stesso, ma il 20 marzo ed è stato possibile assistere all’esatto equilibrio fra luce e buio. Un momento di rinascita, dove la natura torna a farsi vedere, ad affacciarsi e riprendere possesso del suo posto. Un momento di rinascita che nei secoli è stato il punto di svolta, la fine del lungo inverno per rivedere la luce e tornare sulla terra a lavorare.
Ritorno, rinascita, luce. Un augurio per una situazione forestale al limite del collasso. Una situazione pericolosa, nella quale sorge un sole primaverile, illuminando le macerie di quello che stiamo lasciando. Perfetta si incastra Primavera 1916 di Ungaretti, che pur vivendo un momento tragico diverso, ci lascia questa perfetta immagine del disastro e del ritorno della natura.
Sul secco refrattario di macerie
la solitudine fresca di qualche filo d’acqua
Questo schianto si vela d’un terreno verde
e vi apparta un brivido di mammole
In trilli uvola
si spiega
l’anima prigioniera
Hanno rivoltato e frugato la terra
e ne hanno rovesciato il peso sulla vita
e la vita procede
sempre leggera.
La vita procede ma sempre meno leggera, una natura che fa sentire i danni che stiamo alimentando. Negli ultimi 30 anni, spiega il WWF, sono stati persi 178 milioni di ettari di foreste, circa tre volte la Francia. Queste coprono il 31% delle terre emerse e ospitano l’80% della biodiversità terrestre e svolgono un ruolo essenziale nella mitigazione del cambiamento climatico. Tutto questo grazie alle ingenti quantità di gas serra che è in grado di assorbire dall’atmosfera, e tra questi c’è il polmone del pianeta: la foresta amazzonica.
La foresta amazzonica è l’ecosistema più colpito dalla deforestazione, ma da cosa è alimentata questa brutale pratica? Immaginiamo che la distruzione della foresta sia legata alla produzione e lo sfruttamento del legno, ma non è così, o almeno, non solo. La deforestazione è frutto dell’espansione agricola che la produzioni, in quantità sempre maggiori, di caffè, soia, cacao, olio di palma, carne bovina e anche legno e gomma. Eccoci quindi nella foresta amazzonica, dove negli ultimi 50 anni è stato convertito in coltivazioni e pascoli il 17% della sua superficie, una grandezza pari due volte l’Italia.
Se questo dato aumentasse fino al 20%-25% potremmo assistere al collasso della foresta stessa, trasformandosi in una savana arbustiva. Già da ora si iniziano a vedere i primi disturbi forestali, aumentati del 14,9% rispetto al 2021. Questa crisi e collasso sta avendo, anche ora, un enorme impatto sulla crisi climatica nell’equilibrio fra assorbimento della CO2 e nel suo rilascio. Infatti è stato osservato come in alcune zone dell’Amazzonia emette più carbonio di quanto ne riesca ad assorbire.
Se la foresta amazzonica arrivasse al collasso, questa rilascerebbe tutta la CO2 che è stata in grado sempre di trattenere e gestire nell’equilibrio mondiale, aumentando di 0,3 °C la temperatura media del pianeta. Questo succederebbe perché la foresta amazzonica immagazzina oltre 75 miliardi di tonnellate di carbonio da sola, in un totale di 662 miliardi di tonnellate in tutto il pianeta. Un ago della bilancia molto pesante che pende e pesa sulle scelte mondiali e personali.
Come al solito ci si pone davanti il dilemma delle responsabilità. Forse pigrizia, forse ansia di non voler essere etichettato come il “cattivo” contro l’ambiente, ma ci poniamo troppo poco spesso domande su quali siano le nostre scelte quotidiane. Scegliere, un punto essenziale che ci mette davanti la possibilità di essere parte di un sistema diverso, virtuoso. Non possiamo prenderci sulle spalle da soli questa battaglia, ma non possiamo nasconderci dietro la giustificazione “ma non posso risolverò io da casa“, perché, per fortuna, non è vero.
“i nostri consumi generano gravi ostacoli nella citale lotta al cambiamento climatico” spiega Edoardo Nevola, responsabile Foreste al WWF Italia “è indispensabile prestare attenzione a ciò che consumiamo anche se viviamo in paesi dove la deforestazione è trascurabile La deforestazione incorporata, ovvero derivante dalla produzione di beni consumati in altri paesi, contribuisci a circa l’80% della deforestazione mondiale e parte di questa riguarda anche proprio i mercati alimentari dell’industria italiana”
Continua con una chiosa per i consumatori “(con) maggiore attenzione e responsabilità possiamo dare un contributo essenziale, con un solo gesto, alla salute di questi ecosistemi, del clima e della nostra: un modo è, ad esempio, informarsi tramite le etichette dei prodotti che vengono comprati per verificare la presenza di eventuali certificazioni e, quindi, capire se un prodotto proviene da foreste gestite responsabilmente.”
Abbiamo parlato delle responsabilità del consumatore, che sono essenziali per poter costruire un futuro diverso; ma le istituzioni, in questa lotta, che ruolo assumono? L’Unione Europea ha definito un nuovo regolamento europeo contro la deforestazione (EUDR). Questo riguarda 7 prodotti, tra cui soia, olio di palma, carne bovina, caffè, prodotti legnosi, prodotti stampati e gomma. Con questo regolamento viene messo sotto la lente di ingrandimento non il solo prodotto ma anche i loro derivati.
Tutto questo diventerà operativo alla fine del 2024, dal 30 dicembre, dove tutti i prodotti e i suoi derivati, per poter entrare sul mercato europeo, dovranno essere in grado di dimostrare che non sono causa di deforestazione Questo renderà obbligatori una serie di controlli annuali, nella quale le aziende importatrici dovranno tracciare i prodotti. Quindi si contano tutte le fasi della catena di approvvigionamento. Un momento importante che proverà a cambiare direzione,
si riuscirà nell’intento? Sicuramente solo se saremo tutti uniti davanti gli stessi obiettivi.
Aggiungiamo una piccola parentesi a questo articolo: Earth Hour. L’ora della terra sarà il 23 marzo alle 20:30, un’ora a luci spente dove verranno spenti tutti i monumenti delle città italiane. Un modo diverso che aiuta a combattere, in piccolissima parte, al consumo ma, soprattutto, cerca di sensibilizzare più persone possibile davanti il problema.
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