Un evento che ha segnato profondamente la coscienza collettiva e che viene ricordato ogni anno nella Giornata nazionale della Memoria e dell’Accoglienza
Sono trascorsi undici anni da quel fatidico 3 ottobre 2013, quando le acque antistanti Lampedusa furono teatro di una delle più gravi tragedie del Mediterraneo. In quella giornata, 368 migranti persero la vita nel tentativo disperato di raggiungere l’Europa, un evento che ha segnato profondamente la coscienza collettiva e che viene ricordato ogni anno nella Giornata nazionale della Memoria e dell’Accoglienza.
Nonostante gli anni trascorsi, il Mediterraneo continua a essere scenario di morte per migliaia di persone. Dall’inizio dell’anno fino a settembre, si contano già 1.562 vittime tra bambini, donne e uomini scomparsi nelle sue acque. Questi numeri tragici evidenziano come le rotte migratorie verso l’Europa siano diventate sempre più pericolose.
In risposta a questa crisi umanitaria senza precedenti, la Comunità di Sant’Egidio si è fatta promotrice dei Corridoi Umanitari, un progetto innovativo volto a offrire percorsi sicuri e legali ai rifugiati.
Grazie a questo impegno, oltre 7.700 persone sono state accolte in Europa, sfuggendo alle mani dei trafficanti e avviandosi verso processi d’integrazione efficaci.
La commemorazione delle vittime non si limita al solo ricordo ma si traduce anche in gesti concreti come le veglie di preghiera organizzate dalla Comunità di Sant’Egidio a Roma e dal mons. Giorgio Ferretti a Borgo Mezzanone. Queste occasioni rappresentano momenti importanti per mantenere viva la memoria collettiva e sensibilizzare l’opinione pubblica sulle drammatiche condizioni dei migranti.
Il Centro Astalli evidenzia come poco sia cambiato negli ultimi undici anni in termini di politiche migratorie europee ed italiane. Molte delle misure adottate sembrano andare in direzione contraria al rispetto dei diritti umani fondamentali dei migranti, spesso trattati con indifferenza o addirittura criminalizzati per il solo fatto di cercare una vita migliore.
Padre Camillo Ripamonti sottolinea l’urgenza che gli Stati assumano un ruolo più attivo nel soccorso in mare e nell’apertura di vie legali per i migranti. La responsabilità del salvataggio non può ricadere esclusivamente sulle ONG; è necessario un cambio radicale nell’approccio alla questione migratoria che ponga al centro i diritti umani piuttosto che logiche politiche dettate dal consenso elettorale.
L’appello lanciato dalle organizzazioni umanitarie è chiaro: occorre agire subito per evitare ulteriori tragedie nel Mediterraneo e elaborare nuove politiche sull’accoglienza.
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