Il sistema penale italiano può punire severamente coloro che attentano al patrimonio altrui mediante inganni e manipolazioni
Il Codice Penale italiano, all’articolo 640, definisce e disciplina il reato di truffa come un’azione volta a indurre in errore un soggetto (deceptus) attraverso l’utilizzo di artifizi o raggiri da parte di un altro soggetto (deceptor), con lo scopo di ottenere un ingiusto profitto a danno della vittima. Questo tipo di reato si distingue nettamente da altre forme di delitti contro il patrimonio poiché si basa sull’induzione in errore della vittima che, ingannata, compie atti di disposizione patrimoniale che la danneggiano.
Per configurare il reato di truffa è necessario che vi sia una condotta ingannevole (artifizio o raggiro) idonea a indurre in errore la vittima. Gli artifizi possono assumere varie forme, dalla simulazione alla dissimulazione della realtà; i raggiri invece sono macchinazioni più complesse volte a scambiare il falso per vero. Importante è l’atto di disposizione patrimoniale che deve essere effettuato dalla vittima sotto l’influenza dell’inganno: senza questo atto non si può parlare propriamente di truffa.
La giurisprudenza ha ampliato la nozione degli elementi costitutivi del reato includendo anche situazioni in cui il silenzio o le omissioni informative possono configurarsi come raggiri se tali da indurre in errore la controparte. Inoltre, non è necessaria una corrispondenza diretta tra chi subisce l’inganno e chi subisce il danno: basta che vi sia un nesso causale tra l’induzione in errore e l’ingiusto profitto ottenuto dal deceptor.
Il secondo comma dell’articolo 640 del Codice Penale prevede delle circostanze aggravanti specifiche per determinate situazioni: per esempio quando la truffa è commessa ai danni dello Stato o di un ente pubblico, oppure quando viene generata nella persona offesa una paura immotivata o un convincimento errato su presunti ordini dell’autorità. Queste circostanze aggravanti riflettono la gravità particolare attribuita dal legislatore a certe modalità operative o alle qualifiche delle vittime.
La pena base per chi commette truffa semplice va dalla reclusione da sei mesi a tre anni oltre alla multa; nel caso delle truffe aggravate dalle circostanze sopra menzionate le pene sono maggiorate andando da uno a cinque anni di reclusione più multe incrementate. Ciò dimostra come il sistema penale italiano intenda punire severamente coloro che attentano al patrimonio altrui mediante inganni e manipolazioni.
Un aspetto interessante riguardante le interpretazioni giurisprudenziali recenti concerne le ipotesi dove il danno non si manifesta con una perdita economica immediatamente quantificabile ma attraverso altre forme quali turbative nel godimento dei beni o diminuzioni della funzionalità strumentale del patrimonio. In questi casi si parla spesso di “dematerializzazione” del danno: situazioni nelle quali anche se non c’è stata una perdita economica diretta ed evidente, viene comunque riconosciuta la sussistenza del danno derivante dall’atto fraudolento.
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