Daniel Pennac, l’autore amato e celebre, torna in libreria con una nuova opera intitolata “Il mio assassino” pubblicato da Feltrinelli.
Questo romanzo, che alcuni potrebbero considerare un prequel della sua celebre saga dei Malaussène, si presenta piuttosto come un’affascinante riflessione sull’amicizia e sul legame tra vita reale e narrazione. L’autore, che discuterà il libro durante l’evento di chiusura di Bookcity a Milano, descrive la sua ultima fatica come un modo per riunire le figure che hanno ispirato i personaggi del suo universo narrativo, creando un mix di autobiografia e invenzione letteraria.
Nel cuore di “Il mio assassino” troviamo Nonnino, un quattordicenne che si prepara a diventare un malfattore prodigio nel suo primo colpo da ricattatore. Pennac ci guida nelle sue avventure con uno sguardo che intreccia le sue esperienze personali e la sua immaginazione. Nonnino non è solo un personaggio fittizio, ma un riflesso di un periodo di vita e delle emozioni di Pennac stesso. Lo scrittore rivela, parlando dell’ispirazione dietro al suo lavoro, che molti dei suoi amici, ora scomparsi, sono stati trasformati in personaggi, da cui lui sente una profonda nostalgia. “Il desiderio di riscrivere i legami della sua vita è, sembra, una maniera per tenere vivo un pezzo di sé, o per far rivivere chi non c’è più.”
La narrazione di Pennac, con la sua prosa vivace e coinvolgente, ci porta a esplorare i primi passi di Nonnino in un mondo complesso e pieno di sfide. La trasformazione del giovane protagonista in un criminale benevolo sembra, in un certo senso, rappresentare il desiderio universale di appartenere a qualcosa, di sentirsi accettati nonostante le imperfezioni. Attraverso le avventure di Nonnino, Pennac regala ai lettori la possibilità di riflettere su chi sono in relazione agli altri, su come i legami che formiamo siano fondamentali per il nostro viaggio personale. Quest’opera, quindi, si spinge oltre il semplice racconto, esplorando le dinamiche delle relazioni e delle scelte che fanno di noi ciò che siamo.
Belleville: Un quartiere che racconta
Un elemento centrale della saga dei Malaussène è rappresentato dal quartiere di Belleville, a Parigi. Pennac racconta la sua personale storia con questo luogo, dove è giunto nel 1969 e dove vive ancora oggi. Belleville non è solo uno sfondo, ma un protagonista a sé stante, un microcosmo multicultural che riflette la vita stessa. Il quartiere, che è stato un centro per artigiani e piccole industrie, ha visto cambiare il suo aspetto nel corso degli anni, ma l’anima rimane quella di un’area pulsante di vita, colorata da una varietà di popolazioni e tradizioni.
Pennac descrive Belleville come un punto d’incontro per diverse etnie e culture, trasformandolo in un simbolo della diversità e della ricchezza umana. Ogni angolo racconta una storia, ogni volto nasconde un passato. La scrittura di Pennac riesce a catturare l’essenza di questo ambiente, e i lettori possono facilmente visualizzare le strade animate, i profumi dei vari ristoranti e i colori dei mercati. Questo quartiere diventa una sorta di rifugio, un porto sicuro per i personaggi e per i lettori stessi, che possono ritrovarsi in un luogo che è un amalgama di esperienze e memorie. “Sì, Belleville rappresenta anche le sfide moderne, ma la vivacità e l’interazione tra le persone continuano a brillare.”
Pennac e la scrittura come strumento di riflessione
In merito all’attuale edizione di Bookcity, il tema centrale è “Guerra e pace”, ma Pennac offre una prospettiva libera rispetto a come la scrittura debba rispondere agli eventi attuali. Secondo lui, la letteratura è un’entità che non cambia o si adatta semplicemente agli umori del momento, ma è un’espressione autentica dell’autore. Ogni scrittore ha il diritto di esplorare liberamente ciò che prova, senza sentirsi obbligato a seguire il flusso di una letteratura di protesta o di denuncia. In “Il mio assassino”, egli stesso ammette di aver incluso un capitolo che rispecchia egregiamente lo stato d’animo dei nostri tempi, ma evidenzia come l’interpretazione di un testo sia profondamente influenzata dal lettore.
La vita moderna, il suo caos e le sue ansie, possono sicuramente influenzare la ricezione di un’opera e gli autori non possono sempre controllare come il pubblico percepisca le loro storie. Anche se il risultato finale potrebbe sembrare politico, Pennac rimane fedele al suo stile narrativo, mettendo in primo piano la narrazione prima di tutto. La distinzione tra narrazione popolare e temi profondi e complessi emerge chiaramente; la magia della letteratura sta nella capacità di raccontare storie che riescono a toccare anche il cuore umano, che sia attraverso personaggi comuni o osservazioni più strutturate sulla società.
Un romanzo sull’amicizia e la creatività
Infine, l’autore chiude il cerchio su “Il mio assassino” chiarendo che, sebbene ci siano legami con i suoi lavori precedenti, questa opera è, fondamentalmente, un inno all’amicizia e al potere della narrazione. Pennac riflette su come un romanziere possa attingere all’amicizia per dare vita a personaggi sinceri e realistici. In un mondo in cui spesso ci si sente isolati e distanti, la forza di un legame autentico può diventare l’ancora di salvezza per un autore, che trova in esso la linfa vitale per la creazione.
Questa opera rappresenta, quindi, non solo un ritorno ai Malaussène ma una celebrazione della connessione umana, di come i legami profondi possano ispirare storie che parlano a tutti noi. Con Nonnino e il suo percorso, Pennac ci invita a considerare il valore delle relazioni che formiamo e di come la scrittura possa servire a mantenere viva la memoria dei nostri affetti, dei nostri amici e delle esperienze che ci hanno forgiato. La letteratura, per Pennac, è un viaggio che continua, un modo per restare in contatto con il passato e costruire un futuro ricco di emozioni e significati.